Liam sta invecchiando nella sua arroganza...parola di giornalista
Crediamo che ci sia qualcosa di molto anomalo in questa recensione del concerto di ieri sera di Liam Gallagher a Milano fatta da Erica Manniello per il Rolling Stone Italia, dove Our Kid viene definito come sbruffone, invecchiato nella sua arroganza,spaccone ormai fuori tempo massimo ecc.. sembra che questa signora non abbia chiaro chi sia Liam Gallagher e non conosca bene la sua storia presente e passata.. e cmq sbruffone lo è ma detto così non va bene..
Eccola:
La strana accoppiata all'Ippodromo: uno spaccone inglese all'ennesima potenza con classici (degli Oasis) e pezzi minori (i suoi) e una coppia di americani impegnati nell'umile missione di non far dimenticare il padri del blues. In entrambi i casi, vince la nostalgia
È da un po' di tempo che penso che Liam Gallagher, la magnetica voce degli Oasis, rock'n'roll star degli anni '90 e icona di un brit pop da birra al pub, cori da stadio (possibilmente a una partita del Manchester City) e attitude da spaccone sia ormai fuori tempo massimo. Troppo preso dai continui bisticci con il fratello Noel e dal tentativo di essere sempre e ancora supersonic con pezzi che ricordano gli Oasis abbastanza da non perdere i fan della storica formazione britannica ma non così tanto da esserne una stucchevole imitazione, Liam sta invecchiando nella sua arroganza.
Sempre più musicisti, più o meno giovani, si stanno mettendo alla prova in termini di tutela e valorizzazione delle differenze e delle minoranze (anche in musica, pensiamo anche solo all'attenzione per le produzioni non anglofone), di ampliamento dei propri orizzonti e di protezione dell'ambiente. In un contesto in cui avviene tutto questo, Gallagher appare terribilmente fuori luogo. Fornire prospettive inedite in termini tanto sonori quanto concettuali è uno dei compiti della musica e la musica che continua a ripetersi con irrisorie variazioni sul tema, senza prestare orecchio ai cambiamenti, presto inizia a raggrinzire.
Anche se continua a mangiarsi il palco – Gallagher resta un grande performer e lo ha dimostrato anche ieri sera agli I-Days all'Ippodromo La Maura di Milano – il cantante britannico sta iniziando, nel suo ritenersi un celestiale profeta spirituale (parole sue, andate sul suo profilo Twitter), a parlare sempre più a se stesso e non a chi gli sta intorno. Un conto è farlo dopo la pubblicazione di album come Definitely Maybe o (What's the Story) Morning Glory?, un altro è farlo dopo C'mon You Know, la terza prova discografica solista dell'ex Oasis uscita lo scorso anno.
A Gallagher il pubblico non manca. Per molti fan ogni sua mossa è culto e quando partono Stand by Me o Champagne Supernova, la classica chiusura, ci si emoziona tutti. Ma la sensazione è sempre quella di un tuffo nel passato, che porta comunque una certa euforia dopo quelli che non credo dovremmo aver paura di definire brani minori, da Why Me? Why Not a More Power, per citarne un paio. Se come dice qualcuno ciò che conta sono le idee, in questo set e nella carriera solista dell'artista non ce ne sono moltissime.
rollingstone.it
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