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Recensione Mtv Unplugged Liam Gallagher

 Liam Gallagher è in stato di grazia

La voce, intanto. Quella di Liam Gallagher è come il vino: più invecchia, più diventa buona. Se non è evidente nei pezzi più recenti, quelli tratti dai suoi due album da solista, lo è sicuramente in quelli pescati direttamente dal repertorio degli Oasis: "Some might say", "Stand by me", "Sad song", "Cast no shadow" e "Champagne Supernova". A riascoltarli oggi, cantati con questo timbro di voce così ruvido e aspro, inevitabilmente diverso da quello di più di vent'anni fa, quando era poco più di uno sbarbatello arrogante, emozionano ancora di più delle versioni originali. E pazienza se non c'è Noel, che quelle canzoni le scrisse: sono abiti cuciti addosso a Liam e nonostante siano passati così tanti anni continuano a stargli da Dio. Gli arrangiamenti, poi, fanno il resto: gli strumenti acustici, imposti dal contesto, tra chitarre acustiche e archi, permettono alle doti interpretative di Liam Gallagher di uscire allo scoperto e gli rendono giustizia.

Questo disco dal vivo - per "MTV Unplugged", la serie di show acustici trasmessi dal network che negli anni hanno visto mettersi a nudo artisti come Nirvana, Pearl Jam, R.E.M., Alanis Morissette, Bryan Adams, Aerosmith, solo per citarne alcuni - immortala lo stato di grazia che l'ex Oasis sta vivendo, a 47 anni: arriva dopo due dischi riuscitissimi come "As you were" e "Why me? Why not.", che hanno risollevato le sorti della sua carriera dopo la fallimentare (non esageriamo) esperienza dei Beady Eye, la band fondata subito dopo lo scioglimento di quella con la quale tra gli Anni '90 e Duemila conquistò le classifiche e si esibì di fronte a folle oceaniche, e permette a fan e appassionati di scoprire lati inediti del cantante. Solitamente sfacciato, arrogante e aggressivo, qui Liam mette da parte la rabbia per mostrarsi più intimista e riflessivo.

Sul palco della City Hall di Kingston upon Hull, struttura che tra gli Anni '60 e '70 ha ospitato concerti di Rolling Stones, Black Sabbath, Who, Emerson, Lake & Palmer, T.Rex, Elton John e Genesis, accompagnato da tre coristi e dai ventiquattro membri della Urban Soul Orchestra Gallagher mischia il suo presente e il suo passato: ci sono brani tratti dai suoi dischi come "Wall of glass", "Now that I've found you", "One of us", "Once" e "Gone", ma ci sono anche alcuni brani degli Oasis molto amati dai fan come le già citate "Some might say", "Stand by me", "Cast no shadow", "Champagne Supernova" e "Sad song" (la traccia fantasma di "Definitely maybe", qui cantata per la prima volta da Liam), con Bonehead alla chitarra. Dalla tracklist sono state tagliate cinque canzoni presenti nella scaletta del concerto: "Greedy soul", "Bold", "For what it's worth" e "Why me? Why not.", dai dischi solisti del cantante, e la cover di "Natural mystic" di Bob Marley & The Wailers.

Il live è stato registrato il 3 agosto 2019, mesi prima che la pandemia da Covid-19 scombussolasse il mondo intero e mettesse in grave crisi il mondo dello spettacolo e della musica dal vivo, quando non c'era ancora il divieto di assembramenti, le folle non facevano affatto paura e cantare e abbracciarsi sotto il palco di un concerto era la cosa più naturale e semplice. Un motivo in più per ascoltare questo disco (in cui c'è spazio anche per i cori dei fan), nella speranza di tornare presto a farlo.

Recensione di Rockol.it

Autore: Mattia Marzi 

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