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Il delirante shooting per la copertina di ‘Be Here Now’

Per celebrare il venticinquennale della pubblicazione di "Be Here Now", il terzo album in studio degli Oasis pubblicato il 21 agosto del 1997, il britannico Daily Mail ha intervistato Michael Spencer Jones, fotografo britannico - già autore dello scatto per la copertina di "(What's the Story) Morning Glory?" (e di "Urban Hymns" dei Verve) - che venne chiamato a ritrarre la band per la copertina del disco che ebbe in "D'You Know What I Mean?" il proprio primo estratto.

L'idea di base per la realizzazione dell'artwork fu quella di omaggiare Keith Moon, il vulcanico (e folle) batterista degli Who, che il 23 agosto del 1967, per festeggiare il suo ventunesimo compleanno, pensò bene di guidare una Lincoln Continental fin dentro alla piscina dell'Holiday Inn di Flint, nel Michigan. Il passaparola tra gli appassionati "trasformò" l'ordinaria berlina prodotta dalla Ford in una più lussuosa Rolls Royce, e i fratelli Gallagher decisero - per la loro citazione - di aderire più alla versione entrata nella leggenda del rock che ai verbali della polizia. Allo scopo, la produzione che allestì il set per il servizio fotografico decise di noleggiare una Silver Shadow bianca del 1972 e calarla con una gru nella piscina della Stocks House, nel Hertfordshire, già residenza del proprietario dei Playboy Club nel Regno Unito Victor Lownes riconvertita a hotel nella prima metà degli anni Ottanta.

"Se Keith Moon abbia guidato o meno una Rolls Royce, una Lincoln Continental, una Chrysler Wimbledon o qualsiasi altra macchina in una piscina e se la piscina avesse o meno dell'acqua quando ci è entrato non ha molta importanza", ha ricordato Jones: "A prescindere dallo scenario, era una sontuosa dichiarazione di eccesso rock'n'roll, e - quindi - un'ottima base per la copertina di un album".

Quello che forse Jones non aveva considerato è che Noel e Liam, in materia di eccesso rock'n'roll, in quegli anni erano delle autentiche autorità internazionali. Le voci della presenza della band arrivarono agli abitanti del villaggio poco distante, che - nel pomeriggio, prima della fine dei lavori - fecero praticamente irruzione sul set. L'inclinazione festaiola dei fratelli Gallagher e una notevole quantità di birra fecero il resto.

"Il servizio fotografico, in origine pensato come privato, diventò pubblico", racconta Jones: "Al calare del sole il caos era incredibile, con il set invaso dagli ospiti dell'hotel, dal personale alberghiero, oltre che dagli abitanti del villaggio, giornalisti, pompieri, poliziotti e chi più ne ha più ne metta. Facevo fatica ad avvicinarmi alla macchina fotografica, tanto era l'affollamento. Senza contare che sia il gruppo che gli ospiti stavano iniziando ad accusare gli effetti dell'alcol che avevano bevuto per tutto il giorno".

Perché, precisa Jones, la consegna originale è che la fotografia per la cover del disco dovesse "essere scattata di notte: un set diurno fu una scelta per così dire di riserva. E la session durante il giorno andò bene: fu verso sera che tutto precipitò nel caos più assoluto". 

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