Il joint album di Liam Gallagher e John Squire appare come poco più che una subdola strategia di marketing che gioca dolorosamente con i sentimenti dei loro fan
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Tutto sembrerebbe condurre – se non ad un capolavoro senza precedenti, sulla scia della nota formula l'unione fa la forza – ad un buon prodotto, ove ciascun nome coinvolto nel progetto, nel proprio ambito di competenza, è chiamato a dare il suo contributo. Questa, almeno, era la sensazione dominante fra i numerosi sostenitori dei mancuniani, i quali cominciarono a scalpitare in seguito all'annuncio, tramite i social del minore dei Gallagher, di una superband in dirittura d'arrivo. Connessione che sembrava a quel punto essere certa, anche grazie alla collaborazione avvenuta a giugno 2022 in quel di Knebworth, dove Squire – ovviamente alla chitarra – affiancò Gallagher durante l'eccelsa esecuzione di Champagne Supernova. Dunque, era chiaro: un eventuale joint album non avrebbe certo necessitato di segnali incoraggianti, per merito della storia, del talento e della qualità relativi a due nomi che, certamente, non richiedono presentazioni di alcun tipo. Eppure, un primo campanello d'allarme sembrò palesarsi proprio in seguito alla condivisione della copertina dell'album ad opera dell'ex Stone Roses.
La copertina di Liam Gallagher & John Squire, infatti, consiste in poco più di una serie di prodotti finti, ammucchiati fra loro, con tanto di tracklist impressa sulla superficie di ciascun prodotto. Insomma, un risultato che farebbe rabbrividire qualunque grafico di professione. Un secondo campanello d'allarme, invece, fu suggerito proprio dal (non)titolo scelto per un progetto del genere, sempre più simile ad una mera operazione nostalgia – e dunque commerciale – che facesse semplicemente leva sul nome, in primis, e sul calibro artistico di due grandi figure del panorama musicale britannico. Liam Gallagher & John Squire, inoltre, gioca in maniera astuta le sue carte migliori con i singoli d'anticipazione, fermandosi però lì. Just Another Rainbow e Mars to Liverpool, infatti, rimangono e rimarranno con ogni probabilità gli unici acuti che spiccano appena all'interno di un disco scialbo e assolutamente innocuo, di cui è a dir poco difficile ricordare altro: solo tanto (ma tanto) hype che, purtroppo, si risolve in pura fuffa e nell'apoteosi sterile del già sentito.
E, allora, le domande cominciano ad affollarsi, soprattutto in seguito ad alcune delle dichiarazioni rilasciate per le testate musicali più importanti. Su Rolling Stone, ad esempio, Liam tiene a specificare la più che totale paternità di Squire circa i testi (per nulla eccezionali) presenti nel joint album, da lui semplicemente interpretati. Dunque, perché non coinvolgere il famoso team di autori che ha fatto la fortuna della rinascita artistica dell'ex Oasis, dopo il flop del progetto Beady Eye? Progetto, quest'ultimo, che acquista ora numerosi punti in suo favore nel confronto con questa nuova opera targata Gallagher–Squire. Liam Gallagher & John Squire appare come poco più che una subdola strategia di marketing, voluta e realizzata a tavolino dai rispettivi manager dei mancuniani, che gioca dolorosamente con i sentimenti dei loro fan. Insomma, il binomio Gallagher–Squire è null'altro che un'occasione sprecata da dream team mancato.
Fonte: heyjude.it
Autore: Ciro Arena